La smart city

Quante volte si sente dire è smart un’auto elettrica, un lampione che oltre a fare luce fa da antenna Wi-Fi, una panchina con il pannello fotovoltaico per alimentare lo smartphone scarico?

Oggi, sempre di più. La smart city, però, è ancora un concetto dai confini imprecisi e sfuggenti. Il problema sta nel termine inglese che la definisce, che sottintende diverse sfumature di significato. Con smartcity, allora, intendiamo una città intelligente, ma anche brillante, elegante e sofisticata, piena di energia. La città del futuro è intelligente e bella.

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Il contributo alle smart city dovrebbe essere un modello di sviluppo urbano che unisca l’adozione delle più sofisticate tecnologie sul mercato, alle pratiche di applicazione di queste in un contesto ricco di bellezza, estetica e contenuto.

Una città bella e intelligente è una città in cui è bello vivere, in cui muoversi è facile, in cui l’infrastruttura sostiene la quotidianità, qualsiasi essa sia, come ogni individuo scelga di viverla.

La città dove viviamo si sta trasformando, non soltanto in senso stretto, ma anche perché [pullquote position=”right”]ogni cittadino sta ormai diventando un sensore urbano generatore di dati e ricettore di informazioni in tempo reale, grazie allo smartphone.[/pullquote]

Affamata di informazioni, la città intelligente è sempre più costellata di sensori di ogni genere. La videocamera di sorveglianza di una banca, il passaggio al telepass, lo strisciare la carta di credito, si associano a dati del tutto nuovi, come quelli generati dai devices tecnologici, più o meno wearable. Immaginiamo che queste inifinità di dati, che per ora non generano al cittadino che pochissime ricadute, siano rielaborati in modo creativo e utilizzati per cambiare gli intervalli di tempo del rosso ai semafori, in momenti di particolare traffico, o aumentare il numero di mezzi pubblici in giorni in cui le piazze sono particolarmente affollate, o ancora aumentare l’efficacia di alcuni sportelli al pubblico, migliorando di gran lunga i servizi.

E’ proprio questa la città intelligente: [pullquote position=”right”]una città che usa l’intelligenza collettiva, messa a disposizione di tutti, per migliorare la qualità della vita[/pullquote].

Una città dove il singolo cittadino genera valore, perché i dati sono proprietà di tutti che godono dei benefici del trattamento di questi dati. [pullquote position=”right”]E’ un po’ come se i cittadini fossero proprietari di una miniera d’oro, ma allo stesso tempo è come se loro stessi fossero l’oro.[/pullquote]

Per questo, la grande forza nell’affermazione della città intelligente, o in quella che è fondamentalmente l’interazione tra città e tecnologia, sta nella diffusione di devices mobili: smartphone, tablet, e, a breve, anche i wearables. Questi oggetti hanno cambiato il modo di interagire di ogni singola persona con il resto del mondo, aumentando drasticamente la quantità di dati realmente disponibili.

La natura dell’uomo resta la stessa: essere animale sociale. Non c’è città smart senza i suoi cittadini. Chi fa la smart city è l’attore delle piccole azioni quotidiane: si crea con la consapevolezza, l’adesione e l’azione dei singoli cittadini. La città smart è la città dell’intelligenza condivisa. E’ più corretto, quindi, parlare di un approccio smart. Ogni tipo di innovazione deve essere in funzione di un contesto da ottimizzare.

Bisogna sempre avere la consapevolezza degli strumenti che si utilizzano per calibrare il risultato tra efficienza e efficacia. Con lo scopo di far tornare le strade, le piazze e tutto il tessuto urbano, ciò che in realtà sono sempre stati: luoghi, nati per favorire le relazioni tra gli essere umani.

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